De Providentia

Letture

 

“De Providentia” | Seneca

Maria Antonia Carbone

 

Seneca, in questo breve dialogo, riflette sul male e sulla vita ben spesa, rispondendo a un quesito di Lucilio:

 

“Quid, si providentia mundus regeretur, multa bonis viris mala acciderent?” (I,1)

Perché, se il mondo è governato da una Provvidenza, agli uomini buoni capitano molti mali?

 

Seneca sostiene che quelli che noi uomini consideriamo mali, non sono tali, ma prove a cui gli dei sottopongono i buoni per costringerli all’esercizio della virtù. Le sventure non sono una persecuzione da parte della fortuna, ma un mezzo per temprarli e migliorarli moralmente.

 

“(deus) bonum virum in deliciis non habet; experitur, indurat, sibi illum parat”. (I, 6)

(Dio) non tratta con carezze l’uomo buono;

lo mette alla prova, lo indurisce, lo prepara a essere simile a lui.

 

Infelice invece chi non è stato mai infelice:

 

“Transisti sine adversario vitam; nemo sciet quid potueris, ne tu quidem ipse”. Opus est enim ad notitiam suo experimento… (IV, 3)

Hai passato la vita senza un avversario: nessuno saprà di cosa fossi capace, neppure tu.

 

Però, ci si chiede ancora, perché Dio permette che accadano ai buoni cose orribili?

 

(Puta, itaque deum dicere): “…Quia non poteram vos istis (multis orrendis) subducere, animos vestros ad versus omnia armavi. Ferte fortiter”. (VI, 6)

(Immagina che Dio dica) … “perché non potevo sottrarvi ad esse (cose terribili), armai le vostre anime contro tutte queste. Sopportate fortemente”.

 

Il tema del “De Providentia” e l’esortazione Ferte fortiter sono più che mai attuali. Non è forse una dura prova il dramma del Covid-19? Ma se lo affronteremo con responsabilità, coraggio e determinazione, anche noi ne usciremo più forti e migliori interiormente!

 

Suggerisco anche la lettura o la rilettura dei passi seguenti:

  • Il “coronavirus” ai tempi di Atene: la peste del 430 a. C. in Tucidide (libro II, 47, 48);
  • La peste in Lucrezio: De rerum natura (libro VI, vv.1138 – 1286);
  • La peste, verificatasi nel 1348 in diverse zone dell’Italia e dell’Europa, descritta da Boccaccio nelle pagine introduttive del Decameron.