DECOLONIZZARE I CLASSICI – MA DA CHI?
Maurizio Bettini, Gigi Spina
DOMANDE DEL PUBBLICO
DOMANDA
Mi sembra che come avvenuto in passato per altre problematiche politiche generali, il movimento della “Cancel Culture” sia una reazione estremista infantile di fronte alle problematiche di colonialismo ed imperialismo culturale, proiettato fino al mondo classico. La soluzione non dovrebbe sempre stare nel confronto serrato ed anche aspro, piuttosto che nella censura totale dei classici?
GS: Eviterei giudizi trancianti e forse affrettati; ci sono sicuramente reazioni motivate e plausibili a un possibile uso neutro o asettico dei classici, all0interno di un problema di rapporti problematici con la storia delle varie culture, tradizioni, etnie nel mondo; ma forse la generalizzazione ha fatto perdere di vista alcune giuste spinte iniziali. Ritengo che cancellare del tutto sia (quasi) sempre sbagliato.
DOMANDA
Credo che il problema risieda in primo luogo nella decontestualizzazione “selvaggia” dei testi classici, ossia l’utilizzo dei testi classici in contesti del tutto diversi da quello in cui sono stati prodotti, senza avvisare l’audience di tale “trasposizione” e soprattutto senza specificare tale operazione di spostamento. Ciò ha a che fare con la “teoria della ricezione”: ISER e JAUSS. Citare i testi classici al di fuori del proprio contesto espone sia chi lo fa, sia chi ascolta a continui possibili fraintendimenti. Dunque, l’operazione di proposizione dei testi classici alle giovani generazioni è divenuto un atto molto complesso. Vi chiedo la vostra opinione su questa mia riflessione. Grazie.
GS. I testi classici dovrebbero sicuramente far parte, insieme ad altre elaborazioni di culture diverse dell’antichità, di una formazione complessiva di un moderno cittadino del mondo, ma il modo di presentarli, inquadrarli, commentarli, diviene sempre più difficile se lo si affida alle esegesi del passato, che rispondevano sicuramente ad altri stimoli. L’equilibrio fra la ricostruzione la più vicina alla cultura antica stessa, per quanto sia possibile, e l’interazione con le domande che pone ogni forma di ricezione richiede docenti preparati e intellettualmente onesti.
DOMANDA
“Lo spostamento del punto di vista” è a mio avviso possibile se si storicizza, ossia si adotta un punto di vista scientifico con lo scopo di ricordare/conoscere e capire, con un atto meramente dianoetico. Se invece il ricordare/conoscere non è solo atto dianoetico, ma anche etico – che implica una scelta etica di colui che ricorda e che dà un senso e un valore alla cosa o al fenomeno ricordato in base alla cosa in sé, e non già all’atto di ricordare – allora esso tende a perdere una dimensione scientifica. Il Fascismo, esasperando e distorcendo questo atto della memoria, faceva virare l’atto della memoria in commemorazione, in una commemorazione distorta e invasata, un atto etico deteriore. Il decolonizzare i classici vuol dire conoscere per il solo scopo di conoscere, con l’accezione dell’Edipo re. Nondimeno, il valore delle identità non necessariamente prende deplorevoli pieghe. A mio avviso, ci può stare che l’Occidente studi il mondo classico anche (ma non solo!) come base della sua identità, senza che ciò comporti necessariamente una condivisione etica integrale di tutti gli aspetti – alcuni indubbiamente ora, secondo la nostra sensibilità, ributtanti – del mondo antico. Voi che ne dite? Grazie per i vostri interventi. Grazie!
GS Certamente, ogni sguardo antropologicamente ‘emico’ deve farsi carico del modo in cui un dato o un evento delle culture antiche suscita domande, riflessioni, critiche o facili esaltazioni nel mondo contemporaneo, e per questo deve trovare un continuo equilibrio fra acquisizione storica e antistoriche modellizzazioni.
DOMANDA
Provando a fare un riferimento a eventi del mondo classico, la nostra situazione mi ricorda, più che ovvi riferimenti all’ iconoclastia o alla damnatio memoriae, l’evidente difficoltà che i romani avevano a comprendere le istanze delle religioni misteriche e salvifiche dei primi secoli d.C (su tutte, chiaramente, il cristianesimo). Il fatto, cioè, che alcuni dei problemi sollevati fossero non tanto rifiutati, quanto profondamente lontani dalla formazione e dall’orizzonte culturale dell’intellettuale romano. La critica di Celso al cristianesimo, per esempio, è molto puntuale quanto alle inconsistenze teologiche e contenutistiche della predicazione cristiana, ma, nella percezione che ho avuto, fatica ad affrontare il problema etico del cristianesimo (sostegno ai diseredati, attenzione al peccatore rispetto al filosofo che persegue la virtù…). Certamente non è il caso di rimuovere gli antichi, occorre comprendere e criticare senza pregiudizi e venerazioni, ma potremmo trovarci in una condizione simile, in cui facciamo fatica a comprendere le istanze delle minoranze perché, anzitutto, i nostri orizzonti culturali non si intersecano con quelli delle minoranze? Se vogliamo evitare la rimozione, o che vada a finire come accadde alla cultura pagana nella tarda antichità, dovremmo forse lavorare affinché tale intersezione si realizzi in modo indolore e produttivo?
GS L’obiettivo dovrebbe essere sempre quello di capire le ragioni dei ‘cancellatori’ o ‘decolonizzatori’ e rispondere criticamente nel merito, se si ritene tali operazioni sbagliate.
DOMANDA
Buonasera, vi sono voci autorevoli che non temono di prendere posizione contro questa ” moda” di uccidere i Classici, oppure si ha timore di essere messi al bando e si preferisce portare il cervello all’ ammasso, come diceva Guareschi? Grazie
GS Per il momento mi sembra che in Europa ci siano voci e iniziative contrarie, poi, certo, quando da noi la situazione sarà più concreta non mancheranno i conformismi, in entrambi i campi, sia dei difensori a tutti i costi della sacralità dei classici sia dei detrattori ad ogni costo.
DOMANDA
La cancel culture riguarda solo le culture che hanno prodotto testi?
Come pensano di studiare il passato senza i testi?
GS Direi in particolare quei testi che hanno fondato culture forti che hanno spesso egemonizzato (se non annullato) altre culture. Il fenomeno esiste.
DOMANDA
Buongiorno Professori: quanto la cancel culture rispecchia invece un sentimento di colpa o di vergogna di noi moderni per alcuni temi contraddittori che tuttora avvertiamo come spinosi e non esenti da difficoltà/dubbi (come le identità, l’incontro/scontro con le culture o antropologie diverse), facendo del mondo antico un capro espiatorio e relegando così a una dimensione altra e lontana questi aspetti controversi?
Mi spiego meglio: la complessità e lo sforzo del dialogo sui temi sopracitati che ci provocano anche sentimenti contrastanti viene come anestetizzata ed esorcizzata fingendo che tutto questo non ci appartenga ma sia da ricacciare in un tempo antico colpevole. Come a dire: i cattivi sono del passato non mi riguardano mentre noi – civili – siamo i buoni. Lo studio dell’alterità (il mondo classico) dovrebbe essere un modo per cogliere un mosaico di pluralità di istanze che anche quando si rivelano “negative” sono un’occasione per comprendere di più l’uomo.
GS Certamente il fenomeno riguarda la nostra epoca e il modo in cui in un mondo così diverso e plurale rispetto a quello in cui è avvenuta la grande ricezione delle culture greca e romana si possa discutere di eredità, ascendenze, legami identitari. De nobis fabila narratur e quindi è di fenomeni contemporanei che bisogna trovare, fra contemporanei, la soluzione; i colpevoli o gli innocenti della storia hanno comunque fatto il loro tempo.
DOMANDA
L’uso della “decontestualizzazione”, il “subordinare un testo alla propria storia personale” (cedendo più che ad analisi, a opinionismo; toccando l’uditorio con le emozioni); l’anacronismo retroattivo; la manipolazione del sillogismo (penso alla fallacia ad Hitlerum) rendono la CANCEL CULTURE un fenomeno retorico strutturato, ma tutto ciò è un debito con i classici e con la retorica classica – o sbaglio?
Dunque volevo chiedervi:
1) che rapporto c’è tra retorica e Cancel Culture a vostro avviso?
2) quali esempi di “Cancel Culture” possiamo trovare nel mondo classico, ovvero: avete in mente qualche esempio in cui la cultura greca e romana ha applicato questi metodi di “cancellazione”?
GS Certo, ogni forma di argomentazione che abbiamo sotto mano rientra nel grande solco della tradizione argomentativa occidentale, cui diamo il nome di retorica, a volte squalificandolo, a volte usandolo impropriamente. Altre tradizioni argomentative, penso a Cina e India, sono altrettanto strutturate e spesso si sono confrontate o sono state comparate con le nostre, quindi è possibile che a volta si usi uno strumento per combattere in qualche modo chi lo ha inventato, non è questo il punto.
Forse esempi di ostracismo fisico o di damnatio memoriae nel mondo antico sono vicini, ma molto alla lontana alla cancel culture, che parte invece dagli esiti moderni dell’eredità antica.
DOMANDA
Buona sera, grazie per il bellissimo seminario. Volevo chiedere a proposito dello spostamento del punto di vista, cosa ne pensavate del recente fiorire di riscritture dei classici soprattutto nella letteratura inglese (mi riferisco per esempio, a Madeline Miller, Pat Barker, Margaret Atwood)
GS Nel campo narrativo lo spostamento del punto di vista è sicuramente una risorsa delle riscritture, che quindi hanno soluzioni infinite e che ognuno potrà valutare con diversi parametri. Le riscritture, come le parodie, sono già presenti nell’antichità.