Elena: colpevole o innocente?
Intervista a Barbara Castiglioni
Quattro studentesse al terzo anno del Liceo Classico Massimo D’Azeglio di Torino, Viola Bosia, Ludovica Cassella, Federica Riccio, Chiara Spadaro, intervistano Barbara Castiglioni, dottore di ricerca in Culture Classiche e Moderne presso l’Università di Torino, all’interno delle attività di PCTO che il liceo svolge con il Club di Cultura Classica “Ezio Mancino” ONLUS. La Dott.ssa Castiglioni mercoledì 27 aprileterrà la conferenza “Elena: la colpa della bellezza” per il Club (per partecipare gratuitamente all’incontro, che si terrà alle ore 18 su Zoom, è possibile cliccando sul pulsante sottostante).
(Viola Bosia): Quando è nata la sua passione per i personaggi femminili del mito greco?
Direi che la mia passione per il personaggio femminile del mito greco è nata ai tempi del liceo, più precisamente in quarta ginnasio, quando la nostra professoressa di latino e greco ci fece leggere un libro di Pietro Citati: La mente colorata. Grazie a questa lettura, oltre a nascere la mia passione per l’Odissea e, più in generale, per la letteratura greca, nasce quella per Calipso, la prima donna del mondo greco che ho amato.
Calipso mi piace molto perché di lei non sappiamo nulla: Omero infatti ne parla solo nel V libro. Inoltre a lei, così come alle donne del mito che preferisco, è attribuito il mio aggettivo greco preferito, ovvero deinós. Calipso è deiné, che significa “meravigliosa”,ma al contempo “terribile”e “tremenda”, dunque è una figura ambigua, tra il positivo e il negativo. E dopo aver conosciuto Calipso, io che amavo l’Iliade, l’epica guerriera e l’eroe maschio, ho iniziato ad amare le donne del mito – in particolare le figure femminili vendicatrici – e mi sono appassionata a Medea, a Clitemnestra e alla sua vendetta per Agamennone; infine, ultima ma insostituibile nel mio cuore, a Elena, figura tragicissima nonostante la sua apparente leggerezza. Ciò che mi piace di lei è che la sua colpa è la sua bellezza, però la bellezza è anche la sua vendetta.
(Federica Riccio): Quando si sviluppa l’idea di Elena come principale colpevole della guerra di Troia?
Nell‘Iliade e nell’Odissea, Elena non è né innocente né colpevole, o forse potremmo dire che è tanto innocente quanto colpevole, perché è fuggita con Paride, è salita sulla sua nave e si è piegata alla volontà degli dei che l’hanno costretta comunque a peccare, a scatenare “la guerra sciagurata degli Achei”. Però, nell’Iliade, Elena è l’unica che si autoaccusa, che si insulta, che si definisce cagna, mentre nessuno degli altri personaggi le attribuisce la colpa direttamente; la stessa cosa accade nell’Odissea dove Elena è una figura molto ambigua.
Quindi da un lato potremmo dire che forse, per quel che riguarda le nostre fonti, è il poeta lirico Alceo a dare la colpa a Elena per primo, però anch’egli è ambiguo perché in realtà descrive Elena come pericolosa e attiva in confronto a Teti, che è una figura positiva e desiderabile in quanto passiva. Dunque, si può sostenere che i primissimi a colpevolizzare Elena siano proprio i tragediografi, in particolare Eschilo, nell’Agamennone: Clitennestra è la protagonista negativa del dramma, però Elena è definita dal coro “la donna dai molti uomini” ed è considerata colei che ha provocato la guerra di Troia. Eschilo precisamente dice: “la sterminatrice che da sola distrusse le vite di molti eroi danai, annientatrice di navi, di uomini e di città”.
E poi abbiamo anche Euripide, che la dilania in moltissime delle sue tragedie e la raffigura come “la causa di ogni male”, in opere come l’Ecuba o le Troiane o l’Oreste. Però Euripide è anche quello che le costruisce l’apologia – come fa nell’Elena –, nonostante non manchino tratti di ambiguità: tratteggia infatti un ritratto di donna affascinante e, di conseguenza, delle sue possibilità di seduzione sia fisiche che intellettuali.
(Chiara Spadaro): Secondo lei, quale poteva essere l’esigenza della società antica di ri-scrivere un mito della tradizione?
La letteratura in generale è una costante riscrittura e il materiale a disposizione degli autori antichi era sterminato, come ci dimostra il grandissimo numero di versioni di uno stesso mito, tramandate ad esempio da mitografi come Apollodoro o Igino. Il serbatoio degli autori era gigantesco, quindi non è così strano riscrivere.
Per quanto riguarda la riscrittura di Elena, Euripide aveva preso ispirazione da Stesicoro, di cui sappiamo poco, ma che pare avesse scritto la versione di un’Elena che non era andata a Troia, ma in Egitto. In realtà, studiando Euripide, possiamo pensare che la riscrittura di un personaggio come Elena, considerata la donna colpevole per eccellenza, si adatti totalmente al suo spirito. Euripide era sicuramente diverso dagli altri tragediografi (non per niente, non vinceva mai): è diventato famoso molto dopo, perché trattava il mito in maniera particolare, giocandoci e trasformandolo secondo le sue esigenze. Il soggetto di un’Elena innocente si adatta particolarmente come riscrittura per un poeta come Euripide, anche perché era abbastanza oltraggioso: la società greca si basa sulla kalokagathia, cheperò è un concetto solo maschile, di cui non esiste una versione femminile, per cui al massimo la donna è un kalòn kakón, “un bel male”.
Quindi questa riscrittura si adatta particolarmente ad Euripide che riscrive il mito di Elena e ne fa una donna fedele, in maniera molto ironica.
(Ludovica Cassella): Di quali “colpe” attribuite alle donne antiche veniamo ancora considerate colpevoli oggi?
Questa è una bella domanda! Ci ho pensato molto e direi più o meno tutte: alla donna viene perdonato molto meno di quanto non venga perdonato all’uomo. Pensiamo, ad esempio, a quante volte succede che venga commentato l’aspetto di una donna – poco importa se in maniera positiva o negativa – mentre mai, o perlomeno raramente, quello di un uomo.
Tuttavia, per parlare di colpe e avvicinarci più a Elena e, dunque, al nostro personaggio, è importante soffermarsi sul fatto che, quando si verifica uno scandalo a un qualsiasi livello sociale, per esempio una relazione extramatrimoniale, la colpa, anche nel caso in cui l’uomo sia sposato, viene attribuita alla donna, responsabile di essersi inserita nel quadretto familiare; al contrario, se è la donna sposata a tradire il marito, è considerata in ogni caso lei la colpevole per aver danneggiato lei stessa il suo quadretto. Dunque, la donna, magari anche madre, viene sempre condannata in maniera feroce e ciò mi porta quasi a rimpiangere gli anziani sulle mura di Troia che quando vedevano Elena, le riconoscevano e le perdonavano la sua bellezza. Adesso, invece, non succede nemmeno questo.
Inoltre, per ricollegarci a un fatto di cronaca, pensiamo alla povera preside che è stata messa sulle prime pagine di tutti i giornali, perché pareva che avesse una relazione – peraltro non confermata – con un ragazzo maggiorenne. Siamo sicuri, mi sono chiesta, che la stessa cosa sarebbe successa se il preside fosse stato un uomo e avesse avuto una possibile, non confermata, relazione con una ragazza? Non avrebbero forse nascosto il suo volto?